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17 settembre 2007

Darfur: nuova missione di peacekeeping per l’Italia.

Il 31 luglio scorso il Consiglio di sicurezza ha votato la risoluzione n.1769 per il dispiegamento di una missione multinazionale ONU-UA, di 26 mila soldati, nel Sudan e Ciad a protezione dei profughi del Darfur. Nella regione Centroafricana è presente un elevato numero di profughi, stimati dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati (Unhcr) in circa 50 mila. Inoltre, dal 2003 sono stati uccise più di 200 mila persone nel Darfur, soprattutto civili. Il fenomeno ha inevitabilmente accresciuto la fuga dalla regione occidentale sudanese.
Dopo lunghe trattative, la risoluzione dell’ONU prevede, entro ottobre, lo spiegamento di oltre 26mila uomini della forza di pace. La missione, autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, si chiamerà Unamid. Non sarà solo l’ONU a gestirla: si tratterà, infatti, di un “ibrido” in cui entreranno a far parte anche i circa 7mila uomini dell’Unione Africana (UA), già impegnati nella regione. Il coinvolgimento dell’Unione Africana era del resto un passaggio obbligato per far accettare la missione a Khartoum. La forza ONU-UA sarà così composta: circa 19.500 militari, 360 osservatori, oltre 6.400 agenti di polizia, più di 3.700 civili. Essa rappresenta la più grande missione ONU finora attuata.
Dal 27 ottobre, inoltre, sotto il patrocinio delle Nazioni Unite, inizieranno a Tripoli, in Libia, i negoziati tra il governo di Khartoum ed i gruppi ribelli che non hanno mai sottoscritto i precedenti accordi.
Anche l'Italia, ha annunciato Prodi, intende fare la sua parte nella missione ONU che dovrebbe decollare nei prossimi mesi, mettendo a disposizione "mezzi di trasporto e strutture logistiche". Palazzo Chigi, ha infatti spiegato il presidente del Consiglio, sta discutendo con la Difesa di un possibile invio di "mezzi aerei e del personale necessario per farli funzionare". Un ulteriore impegno non era previsto per le Forze Armate italiane, ma i recenti sviluppi e le pressioni delle Nazioni Unite e del segretario generale Ban-Ki Moon, hanno evidentemente indotto l'Italia a prendere in considerazione la possibilità di un impegno diretto.