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28 febbraio 2011

Afghanistan crescente rischio di attacchi

In un nuovo attacco contro i soldati italiani in Afghanistan è caduto il Ten. Massimo Ranzani, del 5° Rgt. Alp. di Vipiteno. Altri quattro militari sono rimasti feriti.
Recentemente nella relazione consegnata al Parlamento da parte dei Servizi d’Intelligence era stato riportato che nell'ovest dell'Afghanistan la situazione era particolarmente a rischio. L’avvicinarsi della fine dell’inverno e la costante pressione delle Forze ISAF verso quelle regioni aveva spinto l'Aise - l'Agenzia per la sicurezza esterna - a diffondere negli ultimi mesi diversi warning che hanno determinato un innalzamento delle misure di sicurezza poste a protezione dei militari italiani. Esse hanno consentito di sventare numerosi attentati, ma non sono riuscite del tutto a neutralizzare la minaccia degli Ied, gli ordigni esplosivi artigianali su cui oggi è saltato il Lince a Shindand. È per questo che nelle note informative e nelle relazioni ufficiali gli uomini dell'intelligence continuano a ripetere che proprio le bombe artigianali e le imboscate lungo le strade interessate dal transito dei mezzi della coalizione, restano le tecniche «privilegiate» dalla guerriglia, così come il lancio di razzi verso le basi avanzate di ISAF. Nè si può escludere che nei prossimi mesi, gli insorti, alla ricerca di visibilità, possano «condurre azioni che contemplino l'utilizzo contemporaneo di attentatori suicidi e gruppi di fuoco».
Nell'analisi inviata al Parlamento i servizi ribadivano dunque che l'Afghanistan è tutt'altro che pacificato: un paese, anzi, con un «quadro istituzionale destinato a permanere instabile per le lacerazioni interne e per la difficoltà di reinserire la componente moderata dei talebani nella vita politica del Paese». E per questo che nel «breve-medio termine il personale straniero, militare e civile, sarà notevolmente esposto al rischio di azioni ostili». Un rischio che per i nostri militari è rappresentato soprattutto dal «riposizionamento in area di miliziani» provenienti dalla province meridionali dell'Afghanistan dove le operazioni di «contro-insorgenza», avviate nel 2010 dalle forze di sicurezza dei reparti afghani assieme all'ISAF, sono state particolarmente intense.