Professione Ufficiale
frammenti di vita militare, le missioni internazionali, pagine di storia, relazioni internazionali, argomenti di attualità, notizie varie.
BENVENUTO
30 agosto 2023
10 novembre 2021
LETTERA all'anno che verrà
Caro anno nuovo,
ti sto aspettando con
ansia perché desidero risollevare con un tocco di gioia e di ottimismo la mia
vita. Vorrei riscontrare i segni della tua generosità verso tutti coloro che
saranno con te durante il succedersi dei tuoi giorni. La lista delle cose da migliorare su questo
pianeta è molto lunga e in parte a me sconosciuta. Ma concedimi qualche istante
per esprimere qualche mia richiesta.
Nella speranza che tu non
nasconda inaspettate e brutte sorprese, chiedo di poter beneficiare di un anno con
un po’ di serenità, di affetto, magari con qualche piccola soddisfazione da
condividere con gli altri e le persone care.
Non farmi mancare la salute necessaria per continuare ad andare avanti e
affrontare le situazioni difficili. Leggo e sento che sarai un altro anno
impegnativo, per molteplici ragioni, a somiglianza dell’attuale e di quelli
trascorsi di recente. Ho fiducia, tuttavia, che tu possa aiutarmi a tirar fuori
il sopito coraggio per affrontare i giorni che non vorrei mai incontrare. Nella
società in cui vivo c’è tanto bisogno di saggezza e condivisione. Calma gli
animi più agitati facendo loro riconoscere le ragioni della pacifica convivenza.
Tuttavia, non essere troppo flessibile verso coloro che, consapevolmente,
sprecheranno il tuo tempo con comportamenti egoistici e inconciliabili con la
natura umana. Fa loro intendere che
fanno del male anche a sé stessi.
Consigliami come togliere
il velo di incomprensione che avvolge il mio cuore, facendomi provare la gioia
di donare qualcosa che mi appartiene alle persone che mi accompagnano e sono a
me vicine, durante le tue lunghe giornate. Dammi una mano a togliere la polvere
dai miei occhi, per riconoscere meglio il mondo che mi circonda e comprendere
ciò che è veramente importante per me e gli altri.
Sai bene che la tua
durata è breve e anch’ io non posso sprecare il poco tempo che la vita mi
riserva. Fa in modo che ti possa apprezzare e ricordare per quanto di buono e utile
darai in ogni singolo tuo giorno. Mentre si avvicendano le tue stagioni,
accompagna con il tuo silenzio le persone che hanno bisogno di essere
ascoltate, capite o semplicemente notate perché anche loro possano vivere in
condizioni dignitose.
Ti invito a non
disperdere e a conservare gelosamente tutto ciò che quest’ anno, prossimo alla fine,
è riuscito a realizzare con enormi sacrifici.
Se puoi, evita gli errori che immancabilmente sono stati compiuti.
Piuttosto utilizzali per trarre utili ammaestramenti e rendere più interessanti
i tuoi giorni.
In attesa del tuo arrivo,
conto sulla tua comprensione, nella speranza che queste mie istanze possano
avere qualche seguito. Certo sono
consapevole che ti chiedo tante cose, troppe. So che esse sono ardue da
realizzare, ma lasciami sperare in un anno più vicino alle necessità di ogni
singola persona. Purtroppo i tempi che corrono sono pieni di incertezze e preoccupazioni.
Qualche piccolo segno positivo può essere di aiuto nell’affrontare gli anni che
verranno. Da parte mia, darò il mio contributo affinché le cose vadano meglio e
cercherò di non rendere il tuo compito ancora più complicato. Ti aspetto. A
presto.
28 marzo 2021
La speranza nel futuro
All’inizio del 1990, ha fatto molto clamore un libro pubblicato dal maestro sconosciuto di Arzano (NA), Marcello D’Orta, nel quale egli raccoglieva alcuni temi, scritti con il linguaggio peculiare e autentico dei propri alunni, nei quali traspariva la povera realtà sociale del luogo. Questi bimbi, pur rassegnati e tristi nella loro condizione di indigenza, raccontavano con sgrammaticature, distorsioni e ilarità quanto spiegato dal maestro, nascondendo tra le righe un forte desiderio di riscatto, la voglia di giungere presto ad un futuro più gratificante della realtà in cui si trovavano. In questo periodo di pandemia, sicuramente anche noi, qualche volta, ci siamo fatti coraggio ripetendo la frase più significativa di quel libro, “Io speriamo che me la cavo”, avvalorando la saggezza manifestata inconsciamente da quei ragazzi nei loro temi, il cui significato esplicito si sostanzia nella speranza di una sorte migliore, in futuro.
La speranza (unita alla fede e alla carità) è uno dei cardini della teologia cristiana e, come si sa, è l’ultimo sentimento a morire. Essa, pertanto, non è assimilabile a formule generiche come: ”andrà tutto bene”, volte ad esorcizzare un presente inaspettato e sgradito, ma rappresenta una presa di coscienza, impegnativa e coraggiosa, verso una realtà ancora da costruire attraverso l’esperienza del passato e sulla base dell’attuale situazione. Ciò è quanto avrebbe bisogno la nostra società in questi tempi pieni di incertezza. Invece, siamo invasi da una concretezza fasulla di numeri e previsioni labili, specie sulla lotta contro il virus che ha cambiato la nostra esistenza. Si mira giustamente al vaccino che salverà la vita: qualcuno afferma che esso è già pronto in Russia, ma altri temono che questo non sia sufficientemente testato. Si ritiene allora più sicuro aspettare quello in sperimentazione in Inghilterra, che potrebbe essere distribuito a fine anno, o meglio, tra un anno o forse due. I giovani, sempre citati come pieni di belle speranze, non si curano della pandemia, preferiscono divertirsi oggi, poi domani si vedrà. Gli adulti che gestiscono questo eterno presente, senza una limpida visione di futuro, ben si guardano d’ invocare la speranza per non essere considerati imbelli. I più anziani sono i soli attaccati alla speranza, per cercare di sopravvivere. La speranza non può nascere dall’incertezza, essa si erge su solide fondamenta precedentemente costruite.
Questo tema è stato affrontato anche nel meeting di Rimini, costatando che il nichilismo (disconoscimento dei valori tradizionali, per favorire la nascita di altri inesistenti), frutto velenoso del passato, ha attecchito maggiormente con lo sviluppo della pandemia, alimentando nuove forme di opinione come i negazionisti e i “no vax”. Resta il fatto, tuttavia, che il virus non dà tregua e al momento lascia pochi spiragli all’ottimismo. Il mondo intero da marzo è sottoposto a un test di resistenza che ha rivelato i limiti delle strutture sanitarie, economiche e, soprattutto, quelle culturali e di opinione. La quarantena, senza volerlo, ha posto le nostre certezze davanti al tribunale esigente della vita, davanti all’evidenza inappellabile del presente, lasciando aperta una questione scottante: in quale modo si può alimentare la speranza nel futuro? Don Giulio Carron, attuale guida di C.L., dopo una profonda analisi è giunto alla conclusione che “tutto dipende dal punto di appoggio che c’è nel presente, da ciò che possiamo cogliere ora, per restare in piedi”.
“La società non può accettare un mondo senza speranza”, ha affermato Mario Draghi, in apertura del meeting e, nel proseguo, ha sottolineato che “la partecipazione alla società del futuro richiederà, ai giovani di oggi, ancor più grandi capacità di discernimento e di adattamento”. In conclusione, appare opportuna, innanzitutto, un’indagine precisa e pubblica sulle ragioni di quanto accade oggi, in quanto queste, una volta definite, ci faranno guardare in modo diverso al futuro. Ma occorre, in particolare, sostenere l’arrichimento culturale, una preparazione più accurata delle giovani generazioni, rivolta a colmare i vuoti di una società edonistica, del profitto e dei consumi, per rispondere alle sue necessità di cambiamento strutturale, al fine di cogliere quelle opportunità che fanno ben sperare per l’avvenire.
IDENTITA' DI UNA NAZIONE
L’identità
di uno Stato si basa su elementi, storico-culturali, politici, religiosi, i
quali rappresentano, nel loro insieme, il patrimonio che unisce i cittadini e
li caratterizza nei confronti di altre nazioni. Il dibattito sulla laicità
delle Istituzioni e l’importanza di
tenere vive le radici cristiano-cattoliche nella società italiana non ha ancora
portato a risultati concreti, anzi ha amplificato la difficoltà di sviluppare un
sentimento nazionale comune che esprima l’appartenenza a questo Paese. Per
risolvere il confronto laicità-religione tradizionale, presente in molte
comunità occidentali, si è affermato in epoca moderna il concetto di “religione
civile”, rilanciato negli Stati Uniti, nel 1967, ad opera del sociologo Robert Neelly Bellah, attraverso un profondo studio sulle
religioni. Tale pensiero si concretizza nella elaborazione di un insieme
di “modi
di dire, simboli e riti, tratti dalla
religione tradizionale, per rafforzare l’identità politica della società
civile, da realizzare mediante un’armonica compenetrazione tra potere politico
e potere religioso (Rusconi)”. In altre parole, alcuni elementi delle
religione tradizionale sono utilizzati per rinforzare l’identità politica della
comunità nazionale. Tutti noi ricordiamo, in tempi non molto remoti, che le manifestazioni
pubbliche in occasione delle ricorrenze patriottiche più significative,
comprendevano sempre la celebrazione
della S. Messa. La “religione civile” si differenzia dalla fede politica, in
quanto si colloca al di fuori delle ideologie politiche, entro il sistema
democratico e convive con diverse religioni tradizionali. L’argomento è entrato
nel dibattito attuale quando si è discusso, durante la stesura della
Costituzione europea, sulle radici cristiane dell’Europa e, allo stesso tempo, sulla
necessità di confrontarsi con nuove religioni e nuove culture, quali l’islam,
la Cina, l’India, ecc.. In Italia il tema appare di attualità in relazione alla
caduta e alla crisi dell’etica civile e pubblica (per corruzione, evasione
fiscale, criminalità, mafia, ecc..) e alle critiche avanzate dal mondo
cattolico, all’adesione, da parte delle Istituzioni dello Stato, a nuove
concezioni di libertà individuali e di diritti civili, in conflitto con i
principi della sua dottrina. D’altra parte, nel pensiero laico e ateo di un’altra
parte della nostra società, si fa strada sempre di più l’avversione verso i
simboli ed i riti religiosi, in
particolare di quelli riguardanti la
religione cattolica. Questa incapacità di considerare e rispettare le
sensibilità degli altri è la prova dell’esistenza di una profonda divisione
nella società italiana.
Molti studiosi (Galante Garrone, De
Luna,
Tullio-Altan, ecc.) ricordano che nel nostro Paese non si è formato ancora il
“patto di memoria”, il sentimento nazionale che si riconosce in una storia
condivisa. Essi individuano quali cause di tale carenza: la disaffezione dei
cittadini verso la cosa pubblica, il prevalere dei particolarismi in molti
settori sociali e dei campanilismi a livello territoriale, lo scarso potere
unificante dei simboli e dei miti (aspetti storico-culturali-politici) attorno
a cui è stata costruita la nazione. Molte analisi
sul tema individuano nelle responsabilità pubbliche e politiche il fattore prevalente
che ha impedito la formazione, nella nazione, di una “religione civile”. La
carenza di patriottismo repubblicano (Rusconi,
1997), di grandi riti capaci di scandire la vita pubblica, di un’idea alta
di nazione, è anche l’effetto del debole investimento operato al riguardo dalle
forze politiche e dai partiti che si sono succeduti nel corso degli anni. Essi
non hanno saputo o voluto “sacralizzare” i momenti e le figure importanti della
nostra storia.
In Italia, ma non solo,
c’è ancora molto da fare per unire i cittadini attorno all’idea di una
“religione civile”. Eppure questa è di fondamentale importanza per il sistema
politico e la classe dirigente, in quanto favorisce l’armonia ed il governo del
Paese, soprattutto nelle fasi di maggior rottura della società, quando la
tenuta dei legami sociali è più a rischio. “
Una Politica non in grado di produrre simboli si riduce alla semplice
amministrazione tecnica dell’esistente; è una Politica esangue, senza anima,
destinata a soccombere (De Luna, 2013, 11)”.
24 luglio 2020
30 luglio. Giornata internazionale dell’amicizia, stabilita il 2011 dall’ONU.
I valori universali sui quali è fondata la ricorrenza sono qui
descritti.
Il nostro mondo deve affrontare molte sfide, crisi e situazioni
che dividono, come la povertà, la violenza e le violazioni dei diritti umani. Esse,
tra le altre cose minano la pace, la sicurezza, lo sviluppo e l'armonia sociale
tra i popoli del mondo.
Per affrontare quelle crisi e sfide, le loro cause alla
radice, è necessario promuovere e definire uno spirito condiviso di solidarietà
umana che assume molte forme, la più semplice delle quali è l'amicizia.
Attraverso l'amicizia si accumulano quei legami di
cameratismo che sviluppano forti legami di fiducia tra le persone contribuendo allo
sviluppo dei cambiamenti fondamentali necessari al raggiungimento della
stabilità e sicurezza del mondo in cui viviamo.
27 giugno 2020
La maschera che ha cambiato la vita
31 maggio 2020
24 aprile 2020
Memoria della Resistenza (25 aprile)
La memoria della Liberazione (festa
del 25 aprile)
Dal 25 aprile 1945, molti hanno cercato di appropriarsi
dei valori di un periodo cruciale e tragico per la rinascita dell’Italia. Per
anni è stato scritto e raccontato che solo un parte aveva combattuto per far
cadere il nazifascismo, dimenticandosi il ruolo delle forze armate italiane,
sul campo di battaglia, a fianco degli alleati, nei campi di internamento e
concentramento o nella resistenza vera e propria (Divisione Acqui e altri). I
numeri reali sulla partecipazione delle Forze armate italiane alla guerra di
Liberazione (8/9/1943 – 8/5/1945) sono incisi a perenne memoria sulla stele di
Porta S. Paolo, a Roma e sono assolutamente sorprendenti per molti:
-
Militari che combatterono nelle formazioni
Partigiane: 80.000;
-
Militari caduti nella guerra di Liberazione nel
periodo : 87.000;
-
Militari internati che si rifiutarono di
collaborare: 590.000;
-
Militari inquadrati nei reparti: Esercito (413.000),
Marina (83.000), Aeronautica (31.000), G.F. (3.000)
Alla memoria di quanti hanno
onorato la patria Italia.