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3 novembre 2008

IL MITO DEL MILITE IGNOTO

Nei primi anni seguenti la prima guerra mondiale tutto il Paese si adoperò per raccogliere e dare adeguata sepoltura ai soldati deceduti.
Ad avvenuta smobilitazione, su 5,5 milioni di combattenti si contavano 670.000 caduti, 600.000 dispersi ed un milione di feriti. Ogni famiglia in pratica piangeva qualcuno che non era tornato. Molti caduti erano ancora sepolti in cimiteri di guerra, sparsi lungo il fronte, sugli undici campi di battaglia o all’estero. Molti di loro erano senza nome, la pietà di commilitoni e cappellani militari li aveva sepolti in anfratti e tombe di circostanza.
La direzione generale per le onoranze ai caduti, per rispondere alle istanze sempre più pressanti dei familiari, proponeva al Governo di raccogliere le spoglie dei caduti nei principali cimiteri e creare dei nuovi monumenti ove sistemare i poveri resti di questi soldati. Nell’impossibilità di riconoscere i senza nome, definiti dispersi, prendeva corpo l’idea di creare un monumento nazionale unico al milite ignoto. Sui principali campi di battaglia, nacquero i sacrari e gli ossari. Il principale è il Sacrario di Redipuglia, altri sorsero a Cortina, Rovereto, sul Pasubio, sul Monte Grappa ecc.. Nel monumento eretto in piazza Venezia a Roma, in onore di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, venne sepolto il milite ignoto.
Le procedure di scelta del milite sconosciuto furono lunghe, meticolose ed assolutamente riservate, perché doveva trattarsi di un soldato privo di qualsiasi riconoscimento. Una commissione appositamente nominata dal Governo, scelse undici soldati tratti dagli undici campi di battaglia. Le bare vennero portate ciascuna con i massimi onori nel duomo di Aquilea in Friuli, per le esequie di Stato, prima di essere tumulate nel sacrario di Cargnacco. Lì avvenne la scelta, da parte di una madre di un disperso, della bara da trasferire a Roma nel monumento nazionale. Questo da allora fu denominato l’altare della patria.
Il viaggio da Aquilea a Roma avvenne in treno, a velocità moderata, con soste in tutte le stazioni per consentire a tutti i cittadini, ai sindaci ed agli abitanti anche dei paesi più piccoli di onorare il passaggio del feretro. Questi ricevette a Roma, il 4 novembre 1921, i massimi onori di Stato; dapprima con una funzione religiosa presso la chiesa degli Angeli e quindi presso l’altare della patria, ove erano presenti il re, tutto il suo seguito, tutti i componenti delle camere, tutte le bandiere di guerra delle forze armate, tutti gli ex combattenti decorati, le mamme dei dispersi ed una folla di gente comune che mai si era adunata prima. Fu una presenza corale degli italiani che manifestarono i loro sentimenti di attaccamento a quel simbolo che rappresentava e rappresenta tutti i caduti senza nome sui campi di battaglia in Italia ed all’estero. L’Italia ritrovò attorno a quel milite sconosciuto il sentimento di appartenenza nazionale.
Da quel 4 novembre, ogni anno, attorno ai monumenti che sorsero in tutte le città e nei paesini più lontani per precise direttive del Governo di allora, si onorano i caduti nell’adempimento del dovere per la patria. Molti sono senza nome . A Redipuglia sul cippo centrale c’è scritto: Non importa se non conosci il mio nome, grida al vento, fante d’Italia e dormirò contento.

13 maggio 2008

Forze Armate impiegate contro la criminalità organizzata

Ritorna nel nostro Paese il convincimento che per battere la criminalità organizzata debba essere impiegato personale delle forze armate ed in particolare dell’Esercito. Si tratta di un’esperienza conclusa da dieci anni in Sicilia, con i Vespri siciliani ed in altri parti d’Italia, in Calabria (Riace), Campania (Partenope), Sardegna (Forza Paris), sulla frontiera nord orientale (Testuggine) ed in Puglia (Salento). Attualmente è in corso l’operazione “Domino”, avviata dall’ottobre 2001, a protezione dei punti sensibili contro il terrorismo internazionale.
Da una prima valutazione occorre osservare che le diverse operazioni sono servite più ad assicurare i cittadini che a debellare le diverse organizzazioni criminali, tanto che ora si riapre il problema. L’Esercito, tuttavia, anche in quelle missioni ha svolto i suoi compiti con impegno ed attaccamento alle istituzioni pur non essendo preparato a svolgere compiti tipici di polizia. E’ da rilevare anche che da quelle esperienze operative i quadri hanno tratto ammaestramenti per affrontare le situazioni di crisi sui teatri internazionali, primo fra tutti in quello balcanico, a partire dalla seconda metà degli anni novanta.
E’ innegabile che la situazione organica, la struttura, l’addestramento delle unità è ora cambiata rispetto a quella degli anni citati. Allora l’Esercito disponeva di pochi reparti di professionisti e la maggior parte delle unità erano di leva, cioè con un addestramento di base idoneo a svolgere compiti di controllo e rastrellamento, non di combattimento. Attualmente le unità, fortemente ridotte in numero, sono formate da volontari, addestrati per operazioni di difesa e combattimento anche in situazioni di elevata intensità operativa.
Pertanto l’eventuale impiego in concorso alle forze di polizia sarebbe più efficace del passato ai fini operativi, ma comporterebbe una riduzione di impegni all’estero, già sottoscritti in ambito internazionale, per una minore disponibilità di soldati da impiegare nella nuova esigenza. Poi dal punto di vista operativo e delle risorse occorre valutare se appare più conveniente attribuire ai soldati compiti diversi da quelli per i quali sono stati addestrati professionalmente oppure reclutare più agenti delle forze dell’ordine specificamente preposte alla lotta contro la criminalità. In effetti, negli ultimi anni si è privilegiato l’arruolamento delle forze di polizia, a fronte di una forte riduzione dei volontari dell’Esercito per motivi di budget.
In questo quadro la decisione di impiegare le Forze Armate in compiti di concorso alle forze di polizia, tenendo conto di quanto avviato nel passato, comporterebbe la necessità di ridurre le missioni all’estero per le Forze Armate ed assegnare loro adeguate risorse finanziarie, ma appare comunque necessario coordinare meglio l’impiego delle cinque forze di polizia, nei diversi compiti, per conseguire risultati più efficaci nel campo di loro specifico intervento.

5 febbraio 2008

ESERCITO E RIFIUTI

Il problema dei rifiuti in Campania ha spinto recentemente il Governo ad impiegare alcuni reparti specializzati del Genio per smuovere le migliaia di tonnellate di rifiuti abbandonate nelle vie di Napoli. Il provvedimento è stato attuato per far fronte all’emergenza, dichiaratamente in modo risolutivo, considerato che tutti i tentativi esperiti in precedenza avevano dato scarsi risultati.
L’intervento ha suscitato più di una critica, anche nella considerazione che tra tanti compiti, l’impiego dei soldati professionisti per sgomberare dei rifiuti urbani appare quanto mai anomalo se non addirittura mortificante.
Nel corso della sua storia l’Esercito ha visto spesso cambiare i suoi compiti, essenzialmente connessi alla funzione di difesa del territorio nazionale, per comprendere funzioni istituzionalmente riservate ad altre forze, siano esse di polizia, dei vigili del fuoco o di altro personale. Il legislatore, nel 1978, ha cercato di semplificare l’adozione di compiti atipici per le forze Armate inserendo nella legge “sui principi della disciplina”, oltre ai compiti di difesa del territorio nazionale , quelli riguardanti la salvaguardia delle libere istituzioni ed il soccorso alle popolazioni colpite da calamità. Sulla base di queste norme le Unità dell’Esercito sono state impiegate legittimamente durante i terremoti, per concorrere allo spegnimento di incendi, soccorrere le popolazioni colpite da alluvioni, frane, ecc… Allora, queste operazioni venivano svolte con l’impiego dei giovani di leva, i quali dotati di un badile o piccone potevano essere d’aiuto in situazioni di emergenza, più come braccia da lavoro, che per esperienza tecnica sul campo.
Con la fine dell’esercito di leva (2004), si è passati ad uno strumento formato da professionisti, più snello, con minori unità, equipaggiato ed addestrato per le missioni operative che, per salvaguardare gli interessi nazionali, si svolgono sempre più spesso all’estero. In rare occasioni l’Esercito dopo la fine della leva è stato chiamato in patria all’assolvimento di compiti generici di concorso, sia per la sua alta specializzazione sia per la necessità di personale professionista negli impegni “fuori area”.
Ai soldati volontari sono ora riservati compiti strettamente operativi. Essi sono svincolati anche dagli impieghi logistici all’interno delle caserme.
Appare quindi molto singolare che le unità più preziose, per equipaggiamento tecnico, limitato numero e addestramento (Genio) siano state impiegate nella soluzione del problema dei rifiuti in Campania, ove si trovano tante braccia bisognevoli di lavoro . Appare comunque evidente che l’emergenza rifiuti non deriva da una calamità naturale, ma dall’incuria e, a dire poco, dalla negligenza dei responsabili locali. L’utilizzo di questi reparti ovviamente è servito a calmare gli animi e a far vedere il pronto interesse delle istituzioni. Ma essi, pur con la massima buona volontà, non potranno sopperire ad anni di incuria e di mala gestione. L’usura dei mezzi andrà a gravare altresì sulla funzione operativa dei reparti interessati , a corto di ricambi e fondi.
Infine, è innegabile che la considerazione attribuita all’Esercito in questa circostanza è quella di una organizzazione di basso profilo, senza arte né parte. Gli stessi cittadini, vedendo operare fior di professionisti tra i rifiuti, probabilmente senza risultati risolutivi, non possono che pensare: quanto è caduto in basso questo Esercito.
Di fatto mentre sui teatri operativi all’estero i nostri soldati sono stimati e valutati positivamente nell’ambito dei contingenti internazionali, in casa nostra non trovano, da parte delle Istituzioni, l’attenzione ed il sostegno che meritano
.

30 dicembre 2007

Esercito europeo senza attributi

Si parla da qualche anno della creazione dell’Esercito d’Europa, ma la forte connotazione nazionale degli Eserciti europei ha impedito sinora la realizzazione pratica di una tale compagine, ancorché siano stati fatti degli esperimenti positivi in Macedonia e Bosnia Erzegovina.
Recentemente si è parlato della creazione del primo nucleo rappresentativo dell’Esercito d’Europa, mediante la formazione del "Nordic battle group", una battaglione formato da forze armate di Svezia, Norvegia, Finlandia, Estonia su mandato dell'Unione Europea.
Con difficoltà è stato creato un appropriato simbolo araldico: un leone rampante bianco in campo azzurro che porta una spada con una zampa e un ramoscello d'ulivo nell'altra. Ciò per mettere d’accordo le sensibilità dei diversi Paesi, alcuni più propensi al dialogo ed alla pace.
Ma molto singolare appare la realizzazione grafica del simbolo. La povera bestia, che normalmente in araldica viene rappresentata con i suoi attributi, in questo caso è stata evirata per la protesta di alcune soldatesse svedesi.
Il commento più evidente sui blog, in particolare quelli americani, è stato abbastanza in linea con le valutazioni dei cittadini europei: il simbolo dell'esercito europeo non poteva che nascere senza attributi.

(Notizia tratta da” l’Occidentale” del17 Dicembre 2007)

4 novembre 2007

4 Novembre: Festa delle forze armate e dell’Unità d’Italia

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, celebrando al Quirinale la Giornata dell'Unita' d'Italia e la Festa delle Forze armate, tra l’altro ha richiesto '' un nuovo sforzo di coesione nazionale e un concreto impegno per garantire la pace anche al di fuori dei confini della stessa Europa e contribuire alla costruzione di un nuovo ordine mondiale”. ''E' nostro dovere prepararsi a fronteggiare ognuna delle nuove possibili emergenze '' che possono presentarsi nel panorama internazionale. ''A nessuno possono sfuggire - ha aggiunto - le preoccupazioni che nascono dall'aggravarsi della situazione in Afghanistan, dall'incombere di gravi incognite nella regione che abbraccia l'Iraq e l'Iran, dal riaccendersi di acute contrapposizioni nei vicini Balcani, dal persistere di tensioni nel quadro politico e istituzionale libanese, dal trascinarsi di una crisi lacerante nel Medio Oriente ''. Il Capo dello Stato ha richiamato '' il dovere comune di tutti coloro che hanno vivo il senso della responsabilita' e del prestigio dell'Italia a dare prova di unita' nel vigilare e nel ricercare le strade che meglio possono garantire la sicurezza e condurre alla pace ''. L'Italia deve fare la sua parte, deve contribuire a ''garantire la sicurezza internazionale, prevenire e superare crisi e conflitti in aree vicine e lontane ''. Questa e' ''una responsabilita' a cui non possiamo sottrarci e che come italiani e come europei non possiamo delegare ad altri ''.

26 ottobre 2007

Restrizioni economiche USA verso i Pasdaram(Iran)

Il 25 ottobre scorso, gli Stati Uniti hanno annunciato una serie di sanzioni contro i Guardiani della rivoluzione iraniana (Pasdaran) e la loro forza d’élite, al-Qods, accusando Teheran di aiutare i terroristi in Iraq ed in altre parti del mondo, di esportare missili e di procedere nella fabbricazione di armi nucleari.
Le sanzioni annunciate ieri dal segretario di Stato Condoleeza Rice e dal ministro del Tesoro Henry Paulson sono, senza precedenti e rivolte alla struttura militare dell’Iran. Esse sono le più dure adottate dagli Usa dopo la presa degli ostaggi all’ambasciata americana a Teheran, nel 1979. Le sanzioni prendono di mira oltre 20 istituzioni e individui comprese tre banche iraniane (Bank Melli, Bank Mellat e Bank Saderat), congelando tutti i beni negli Usa e mettendo al bando ogni transazione commerciale con i soggetti inclusi nella lista dei “terroristi globali”.
La Rice ha accusato ieri l’Iran di comportarsi in modo “irresponsabile”, perseguendo una politica “di comportamenti minacciosi”. Il segretario di Stato non ha chiuso la porta alla diplomazia sottolineando che gli Stati Uniti continuano a restare aperti ad una “soluzione diplomatica”. Ha evidenziato anche che «purtroppo il governo iraniano continua a rifiutare l’offerta degli USA per negoziati aperti, preferendo invece minacciare la pace e la sicurezza realizzando tecnologia nucleare che può portare alla produzione di armi, creare pericolosi missili balistici, sostenere i militanti sciiti e i terroristi in Iraq, Afghanistan, Libano e nei territori palestinesi, minacciando di distruggere Israele. Il ministro del Tesoro Paulson ha spiegato, prendendo la parola subito dopo la Rice, che l’Iran trasferisce ogni anno, attraverso il sistema bancario, diversi milioni di dollari per aiutare i gruppi terroristi. «È sempre più probabile che coloro che hanno rapporti d’affari con l’Iran li abbiano, inevitabilmente, anche con la Guardia Rivoluzionaria», ha affermato Paulson.

17 settembre 2007

Darfur: nuova missione di peacekeeping per l’Italia.

Il 31 luglio scorso il Consiglio di sicurezza ha votato la risoluzione n.1769 per il dispiegamento di una missione multinazionale ONU-UA, di 26 mila soldati, nel Sudan e Ciad a protezione dei profughi del Darfur. Nella regione Centroafricana è presente un elevato numero di profughi, stimati dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati (Unhcr) in circa 50 mila. Inoltre, dal 2003 sono stati uccise più di 200 mila persone nel Darfur, soprattutto civili. Il fenomeno ha inevitabilmente accresciuto la fuga dalla regione occidentale sudanese.
Dopo lunghe trattative, la risoluzione dell’ONU prevede, entro ottobre, lo spiegamento di oltre 26mila uomini della forza di pace. La missione, autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, si chiamerà Unamid. Non sarà solo l’ONU a gestirla: si tratterà, infatti, di un “ibrido” in cui entreranno a far parte anche i circa 7mila uomini dell’Unione Africana (UA), già impegnati nella regione. Il coinvolgimento dell’Unione Africana era del resto un passaggio obbligato per far accettare la missione a Khartoum. La forza ONU-UA sarà così composta: circa 19.500 militari, 360 osservatori, oltre 6.400 agenti di polizia, più di 3.700 civili. Essa rappresenta la più grande missione ONU finora attuata.
Dal 27 ottobre, inoltre, sotto il patrocinio delle Nazioni Unite, inizieranno a Tripoli, in Libia, i negoziati tra il governo di Khartoum ed i gruppi ribelli che non hanno mai sottoscritto i precedenti accordi.
Anche l'Italia, ha annunciato Prodi, intende fare la sua parte nella missione ONU che dovrebbe decollare nei prossimi mesi, mettendo a disposizione "mezzi di trasporto e strutture logistiche". Palazzo Chigi, ha infatti spiegato il presidente del Consiglio, sta discutendo con la Difesa di un possibile invio di "mezzi aerei e del personale necessario per farli funzionare". Un ulteriore impegno non era previsto per le Forze Armate italiane, ma i recenti sviluppi e le pressioni delle Nazioni Unite e del segretario generale Ban-Ki Moon, hanno evidentemente indotto l'Italia a prendere in considerazione la possibilità di un impegno diretto.

20 luglio 2007

Riunione Consiglio Supremo di Difesa (2/07/07)

Il Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano, ha presieduto il 2 luglio c.m., al Palazzo del Quirinale, una riunione del Consiglio Supremo di Difesa. Alla riunione hanno partecipato: il Presidente del Consiglio dei ministri, on. Romano Prodi; il Ministro per gli Affari esteri, on. Massimo D’Alema; il Ministro per l’Interno, on. Giuliano Amato; il Ministro per l'Economia e le finanze, dott. Tommaso Padoa Schioppa; il Ministro per la Difesa, on. Arturo Parisi; il Ministro per lo Sviluppo economico, on. Pierluigi Bersani; il Capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola. Hanno altresì presenziato alla riunione il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, on. Enrico Letta; il Segretario generale della Presidenza della Repubblica, consigliere di Stato Donato Marra; il Segretario del Consiglio supremo di difesa, Generale Rolando Mosca Moschini.
Nell’ambito del primo punto all’ordine del giorno, il Consiglio ha ripreso l'esame degli orientamenti per la ulteriore razionalizzazione dell’area Difesa, prendendo in considerazione le diverse ipotesi per la riqualificazione della spesa, con particolare riferimento alla consistenza ed alla composizione del personale.
Il Consiglio ha poi proceduto al consueto punto di situazione sulle operazioni in corso nei vari Teatri. In particolare, in considerazione dei positivi risultati finora conseguiti da UNIFIL ed in relazione all’avvio dei negoziati per il rinnovo del mandato della missione in scadenza a fine agosto, è stata evidenziata l’esigenza di intensificare l'azione politica e diplomatica volta a rafforzare la capacità delle autorità libanesi di controllare il proprio territorio nazionale, anche al fine di garantire un più elevato livello di sicurezza ai contingenti ivi operanti.
Per quel che concerne l’Afghanistan, il Consiglio ha rilevato la necessità che la Comunità Internazionale adotti con urgenza ogni possibile misura per migliorare il coordinamento delle forze ivi impiegate e la coerenza tra azioni ed obiettivi sul terreno, anche al fine di mantenere il giusto equilibrio fra le esigenze relative alla sicurezza e quelle funzionali al processo di consolidamento delle Istituzioni democratiche afgane.
Si è parlato, inoltre, sugli sviluppi del dibattito relativo allo status del Kossovo, nei suoi riflessi sul futuro delle missioni della NATO e dell’Unione Europea. Infine, nel prendere atto del dibattito in seno alla NATO circa la decisione statunitense di installare un sistema di difesa anti-missile nel quadro del proprio programma nazionale di difesa, il Consiglio ha convenuto di approfondire in una prossima riunione le risultanze degli studi avviati al riguardo in seno all’Alleanza, anche in funzione di un possibile impegno collegiale di quest’ultima e per i suoi riflessi sui rapporti con la Russia.

11 giugno 2007

Parata militare in occasione della Festa della Repubblica

In occasione dell’anniversario della nascita della Repubblica italiana, tra le altre manifestazioni, è stata mantenuta anche quest’anno la tradizionale sfilata presso i fori imperiali di Roma. Questa manifestazione con il passare degli anni ha perso importanza, ed è stata anche sospesa, per il timore che essa potesse rappresentare una dimostrazione di forza ingiustificata nell’ambito di una società sempre più agitata da frange politiche pacifiste. E’ stata poi ripresa per espresso volere dell’ex Presidente della Repubblica Ciampi, non senza contrasti, per creare attorno ad essa quel sentimento nazionale che in Italia ancora manca. Anche quest’anno è stata condotta con limitazioni di uomini e mezzi, ed è stata accompagnata da sittings di pacifisti in alcune città, manifestazioni queste che hanno trovato un risalto mediatico maggiore della sfilata stessa.
In effetti la sfilata militare del due giugno, non ha mai avuto la finalità di dimostrare “la baldanza militare” del nostro Paese, in questo caso sarebbe più corretto parlare di debolezza, ma piuttosto di avvicinare alla società civile le Forze Armate, quale istituzione che opera per il Paese e che ha partecipato attivamente nel passato alla formazione della Repubblica. La sfilata dovrebbe rappresentare un’occasione per raccogliere attorno alla bandiera nazionale i vertici di governo, ma anche la popolazione per ricordare il sacrificio di tante persone cadute per l’ideale di patria e per dare un giusto riconoscimento ai soldati in armi che, indossando una divisa, con il loro lavoro danno sicurezza alle istituzioni.
Nel passato tra quei reparti sfilavano anche i giovani di leva, contenti di essere parte di una solida e sana istituzione nazionale. Credo che chi ha partecipato anche una sola volta abbia ancora impressa nella mente la fatica e nello stesso tempo la gioia di aver marciato alla sfilata del 2 giugno.
Oggi molte cose sono cambiate e si deve riconoscere che la sfilata non ha più lo scopo di avvicinare il mondo militare alla società civile, ma bensì di mantenere una tradizione nazionale. Con i soldati sfilano altre componenti della società, ogni anno sempre qualcuna di nuova, ciascuna con il “suo distintivo, sia esso un fazzoletto colorato, una divisa o una bandiera iridata , quasi per svilire l’importanza degli uomini in armi. In effetti quella del 2 giugno non è più una parata militare, così come è stata concepita alla nascita della Repubblica. Anche i valori che essa dovrebbe rappresentare, sono sempre meno sentiti dai cittadini che in tempi di “vacche magre” pensano più alle tasche che ai temi patriottici nazionali.
Forse è arrivato il tempo di pensare ad altre manifestazioni per festeggiare la Repubblica, con buona pace di tutti, pacifisti e non, politici e cittadini comuni, uomini delle forze armate ed impiegati delle varie amministrazioni.

27 aprile 2007

L’Armata della Liberazione

Centinaia di migliaia di soldati italiani, assieme a tanti altri concittadini, in patria, in Corsica, nei Balcani, in Grecia, in Albania, nella ex Jugoslavia, nelle isole dello Ionio e dell’Egeo, nei campi di prigionia, lottarono per il riscatto materiale e morale dell’Italia nel periodo piu’ buio della sua storia. Solo nel mese di settembre 1943 nelle localita’ citate caddero in combattimento circa 3000 militari.
Schematicamente la resistenza degli italiani, nelle sue tre componenti, e’ cosi ricordata sul monumento eretto a porta S. Paolo, a Roma: partecipanti alla guerra di liberazione delle forze armate regolari: 527.000 militari, di cui 413.000 dell’esercito, 83.000 della Marina e 31.000 dell’Aeronautica; lotta partigiana: 80.000 combattenti; resistenza degli internati nei campi di concentramento: 590.0000 militari. Sono da ricordare, in particolare, gli 87.000 militari caduti in combattimento.
L’Esercito, come noto, venne impegnato a fianco degli alleati anglo-americani, ampliando gradualmente nel tempo la sua cobelligeranza.
Inizialmente, dopo l’armistizio, venne costituita una Brigata, il primo raggruppamento motorizzato, il quale, nel dicembre 1943, fu inserito nella battaglia del Garigliano.
Prese quindi consistenza il Corpo italiano di liberazione, formato da due Divisioni e relativi supporti che entro’ in azione nell’estate 1944, per la liberazione dell’Italia centrale, giungendo fino al Metauro e alla linea gotica sugli Appennini.
Infine, si arrivo’ alla costituzione di una Armata, su sei Divisioni, i famosi Gruppi di combattimento, che operarono nell’inverno 1944 e nella primavera 1945 sulla linea gotica e nella battaglia finale.
Inoltre:
- Una Divisione, la Garibaldi, stanziata in Jugoslavia non si arrese e continuo’ a combattere a fianco dei partigiani slavi;
- Otto Divisioni ausiliarie, per tutta la durata della campagna assolsero importanti funzioni logistiche, ove si distinsero in particolare: le salmerie ed il genio da combattimento .
La Marina e l’Aeronautica operarono a fianco degli alleati su tutti i fronti.
Occorre ricordare gli atti di eroismo dei Carabinieri che hanno partecipato all’attivita’ di combattimento con l’Esercito e alla lotta partigiana. Essi hanno svolto altresi’ i compiti d’istituto sul territorio, per ordine del Governo italiano e degli alleati.
Numerosi sono gli episodi di valore della Guardia di Finanza impegnata sul territorio e sui mari, nonche’ in vere e proprie azioni di combattimento nei Balcani e durante la lotta partigiana in Jugoslavia. Ancora, come non ricordare le Unita’ militari della croce rossa nelle quali erano in forza le Infermiere volontarie, che si prodigarono nei presidi militari e negli ospedali da campo per la cura dei feriti, subendone le sorti .
Fu questa l’armata della liberazione alla quale dobbiamo la nostra libertà.