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22 novembre 2015

La grande guerra non è ancora terminata


La ricorrenza di cento anni dalla deflagrazione della prima guerra mondiale,  scaturita dall’uccisione a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, erede al trono  degli Asburgo, sembra  rievocare un’epoca ed eventi tragici lontani,  molto diversi  da quelli del mondo odierno. Documenti, fotografie (tecnica disponibile per la prima volta), libri, film, testimoni  oculari ci hanno tramandato, negli anni,  gli orrori ed i massacri della grande guerra, inutile strage, così definita dal Papa Benedetto XV. Essa  fu innescata dalle contraddizioni  politiche esistenti tra gli imperi e le nazioni europee e dai fermenti culturali del tempo, influendo in modo determinante sui cambiamenti  (la Rivoluzione sovietica, il Fascismo,  il Nazismo, la Seconda guerra mondiale, la guerra fredda) che segnarono tutto il xx secolo.
In occasione di questo anniversario osservatori  internazionali e storici cercano di tracciare un parallelo tra la situazione europea di quegli anni  e quella dei giorni nostri. Per tale raffronto, tralasciando, per brevità di trattazione, l’articolazione geopolitica dell’Europa,  la descrizione delle alleanze, i fatti storici, i dati impressionanti del conflitto, ecc.. è opportuno considerare la prevalente concezione politica e gli elementi culturali che vigevano in Europa all’inizio del ‘900.
La convinzione della propria potenza portava le varie nazioni a temere e a contrastare  l’affermazione degli altri Stati, specie quelli confinanti, dimostrando di non avere alcuna paura di entrare nella contesa per il potere mondiale. Esisteva in ogni  settore della società una disponibilità culturale alla guerra: dai vertici politici e militari, ai dirigenti e agli industriali per i quali essa rappresentava un “toccasana” per ogni problema e una occasione dalla quale trarre qualche vantaggio. Alla base di tutto, c’era la mancata percezione delle conseguenze distruttive di un tale evento, connesse ai mutamenti tecnologici e sociali in atto. Insomma nei palazzi governativi dell’ Europa del tempo si alimentava “la grande illusione” che un’eventuale guerra, avrebbe risolto i diversi problemi della società, sarebbe stata breve e soprattutto l’ultima. Come sappiamo le cose sono andate ben diversamente e guardando alle sue conseguenze e agli eventi del secolo “breve” gli storici sono concordi nell’affermare che essa non è ancora terminata.
Anche nell’Europa d’oggi, pur alle prese con una crisi economica globale e sotto la minaccia del terrorismo di carattere religioso, si osserva qualche spiraglio di ottimismo, legato ad alcuni segnali di successo della diplomazia internazionale: l’accordo sulla distruzione delle armi chimiche in Siria, l’apertura, senza precedenti, di un dialogo diretto tra gli Stati Uniti e l’Iran, la formazione di una coalizione di Stati, con la partecipazione di alcuni Paesi arabi, allo scopo di combattere l’ISIS.
Tuttavia, rimangono ancora situazioni di crisi che minano la pace mondiale: si aggravano le tensioni tra la Cina ed il Giappone in Asia, in presenza dell’incognita nucleare della Corea del Nord; si fa più consistente la minaccia di Al Qaeda nelle rivolte mediorientali ed africane indebolendo e spesso rovesciando il senso delle primavere arabe; si assiste al deteriorarsi della situazione in Siria, in Afghanistan ed in Iraq, con la costituzione del cosiddetto “califfato” ad opera dell’ISIS.
Recentemente si è sviluppata la crisi in Ucraina, con implicazioni dirette sui rapporti tra le due maggiori potenze nucleari, gli Stati Uniti e la Russia. Ne è seguita la reazione della Russia di Putin, volta ad impedire un allargamento della NATO e dell’Europa a est e che ha comportato la secessione-annessione della Crimea e forti pressioni politiche e militari sulle regioni russofone, nel Sud-Est della stessa Ucraina.
In tale quadro sembra ripetersi in Ucraina la situazione della Serbia un secolo dopo. Fortunatamente, la situazione geopolitica, economico, militare dell’Europa oggi è profondamente diversa da quella della prima metà del Novecento. Le organizzazioni internazionali e le alleanze politico-militari da 70 anni garantiscono la pace, la globalizzazione ha interconnesso la situazione di ciascun Paese a quella degli altri Stati nel mondo. Tale sistema,  sebbene fragile, non può essere distrutto da una prova di forza unilaterale. Nel mondo di oggi sono in atto “scosse di assestamento” volte alla realizzazione di un nuovo equilibrio geopolitico  che segue l’era “bipolare” (Stati Uniti-Unione Sovietica) e quella “unipolare” (Stati Uniti sola superpotenza), dopo il crollo dell’impero comunista.
Come nei terremoti, le scosse che si susseguono vanno tenute sotto controllo, con prudenza e determinazione, per evitare che una scossa (guerra) inattesa, più forte delle precedenti, distrugga quanto si è costruito per la pace, dopo il conflitto mondiale di cento anni fa.  A un tale controllo dovrebbe poter partecipare, con l’autorità necessaria, l’Unione Europea, nata proprio per reazione alle tragedie del Novecento.
In alternativa, con un’Europa debole e divisa politicamente, si dovrà pagare un prezzo altissimo per il riequilibrio globale, ove la Russia impiegherà ogni mezzo per tornare protagonista sulla scena mondiale e gli Stati Uniti saranno sempre più coinvolti nelle grandi sfide del Pacifico.

12 giugno 2015

SOLDATI




 Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
 di Giuseppe Ungaretti

 
Nelle parole del poetac’è il senso della tragedia esistenziale del  primo conflitto mondiale: i versi sono scritti in trincea presso il bosco di Courton, vicino a Reims. A questo sentimento si associa l’estrema brevità del testo, che sembra quasi una fulminante scoperta della condizione assurda in cui versano i “soldati”, a cui si può facilmente sostituire il termine “uomini”. Soldati infatti può essere letta anche come una riflessione, breve ma assai incisiva, sull'assurdità dell'intera condizione umana e sulla sua intrinseca finitudine, che non può in alcun modo sfuggire al dolore e alla morte. I soldati, paragonati a rade foglie autunnali appese a fatica agli alberi, cadranno inevitabilmente, vittime di una legge universale spietata ed implacabile.

19 aprile 2014

Quando la pace appare scontata

It is five minutes to midnight. Mancano 5 minuti a mezzanotte, cioè all'autodistruzione, secondo il Bulletin of Atomis Scientist. Dalla creazione degli ordigni nucleari nel 1947 a oggi, le lancette dell orologio dell'Apocalisse sono state spostate 20 volte: ogni movimento testimonia un passo avanti o indietro verso un mondo senza armi di distruzione di massa. Non esiste alcun dubbio sulla direzione che prenderebbero le lancette se gli USA decidessero per l’intervento armato in Siria, con Assad che si dichiara pronto al conflitto mondiale.Il Cremlino si è subito schierato a favore del regime di Damasco. Impossibile non pensare alle dinamiche della guerra fredda e, soprattutto, agli arsenali nucleari delle potenze del pianeta.
Oggi i Paesi che dichiarano di possedere armi atomiche sono USA, Russia, Francia, UK, Cina, India, Pakistan e Corea del Nord. Autorevoli analisti dei servizi segreti ritengono che sia probabile che anche Israele ne sia in possesso; ufficialmente però non ha mai ammesso l’esistenza di un programma nucleare a scopo bellico. Si ritiene che l’Iran, invece, non abbia ancora prodotto un ordigno, ma non si esclude che possa svilupparlo. Per motivi strategici e di sicurezza i programmi nucleari di ogni nazione sono segreti; tuttavia secondo le stime fornite dai rapporti di organizzazioni indipendenti non-profit come la Federation of American Scientist esistono oltre 17000 testate, dislocate sia nei Paesi che le hanno prodotte e ne detengono il controllo sia negli stati alleati (come prevede il programma di Condivisione Nucleare della Nato).

13 febbraio 2013

Il programma F35


L’esigenza primaria della difesa aerea italiana è di sostituire i velivoli AV-8B Harrier della Marina e gli AMX e i Tornado dell’Aeronautica, a partire dalla metà del prossimo decennio con un aereo multiruolo di ultima generazione. 
Nel 1994 l’allora Ministro della Difesa Beniamino Andreatta avviò la fase esplorativa per la partecipazione italiana al programma “JSF”, nell’ottica di un’adesione ad un progetto multinazionale che dal punto di vista tecnologico operasse su livelli di eccellenza, promuovesse l’interoperabilità tra forze aeree dei Paesi NATO e si preoccupasse del contenimento dei costi. Ad oggi si è conclusa la fase della sperimentazione e dello sviluppo alla quale hanno partecipato complessivamente, oltre agli Stati Uniti, altri otto Paesi: Regno Unito (unico partner di Primo Livello), Italia ed Olanda (partner di Secondo Livello), Australia, Canada, Danimarca, Norvegia e Turchia (partner di Terzo Livello). 
Il Joint Strike Fighter (JSF) F 35 è un velivolo multi-ruolo con uno spiccato orientamento per l’attacco aria-suolo, a bassa osservabilità radar (stealth ) e quindi ad elevata sopravvivenza, in grado di utilizzare un’ampia gamma di armamento e capace di operare da piste semi-preparate o deteriorate, pensato e progettato per quei contesti operativi che caratterizzano le moderne operazioni militari e le missioni internazionali di peacekeeping. 
In particolare, può soddisfare un ampio spettro di missioni, a conferma della notevole versatilità della macchina, assolvendo compiti di operazioni di proiezione in profondità del “potere aereo”, di soppressione dei sistemi d’arma missilistici avversari e di concorso al conseguimento della superiorità aerea. 
Inoltre può offrire un ottimo supporto ravvicinato alle forze di superficie e svolgere una determinante azione di raccolta, elaborazione e distribuzione in rete di dati e immagini, grazie ai sofisticatissimi sensori di cui è dotato. Questa importante e peculiare capacità permetterà, in maniera assolutamente innovativa e a fronte della propria eccellenza sensoriale, di poter concorrere anche a missioni di supporto alla Protezione Civile e ad altri Enti e Agenzie di natura civile. 
Inoltre, il progetto prevede anche importanti opportunità e ricadute sull’industria italiana, in termini di partecipazione industriale al lavoro e di trasferimento di tecnologie. 
Infatti, oltre all’acquisizione di un velivolo da combattimento di quinta generazione che progressivamente sostituirà altri più vetusti e obsoleti, ricopre un’importanza strategica la realizzazione sul territorio italiano, presso la base dell’Aeronautica Militare di Cameri, di una linea di assemblaggio finale, manutenzione e aggiornamento, l’unica al di fuori degli Stati Uniti, denominata FACO/MRO&U (Final Assembly and Check Out/Maintenance, Repair, Overhaul & Upgrade).

8 febbraio 2012

Nikolajewska e gli alleati

Nikolajewka fu una grande vittoria, la vittoria della disperazione. La battaglia venne combattuta e vinta dalla "Tridentina", ma anche la "Cuneense", la "Julia" e la "Vicenza" contribuirono con il loro sacrificio alla salvezza del grosso del Corpo d'Armata Alpino. Pur operando in posizioni di fiancheggiamento e di retroguardia, queste tre unità impegnarono ingenti forze sovietiche alleggerendo in questo modo la pressione sulla divisione di Reverberi. Il 27 gennaio, i resti della "Cuneense", ormai all'estremo limite della resistenza umana, furono circondati e catturati a Valuiki.
I superstiti del Corpo d'Armata Alpino, tornati in Italia, raccontarono la loro esperienza. Parlavano con entusiasmo della popolazione ucraina e con odio degli "alleati" tedeschi. Di seguito alcuni commenti da una relazione dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano:
"La popolazione ucraina - per pietà, simpatia o per ordine ricevuto dalle autorità russe - fu sollecita nell'alleviare sofferenze, offrì da mangiare, vestire e possibilità di riposo ai soldati dell'Armir".
E i tedeschi? Dice la stessa relazione: "Dalle isbe, a mano armata, venivano cacciati i nostri soldati per far posto a quelli tedeschi; nostri autieri, a mano armata, venivano obbligati a cedere l'automezzo; dai nostri autocarri venivano fatti discendere nostri soldati, anche feriti, per far posto a soldati tedeschi; dai tren carichi di nostri feriti venivano sganciate le locomotive per essere agganciate a convogli tedeschi; feriti e congelati italiani venivano caricati sui pianali dove alcuni per il freddo morivano durante il tragitto, mentre nelle vetture coperte prendevano posto militari tedeschi, non feriti, che, avioriforniti, mangiavano e fumavano allegramente quando i nostri soldati erano digiuni da parecchi giorni. Durante il ripiegamento, i tedeschi, su autocarri o su treni, schernivano, deridevano e dispregiavano i nostri soldati che si trascinavano a piedi nelle misere condizioni che abbiamo descritte; e quando qualcuno tentava di salire sugli autocarri o sui treni, spesso semivuoti, veniva inesorabilmente colpito col calcio del fucile e costretto a rimanere a terra".

1 febbraio 2012

Le spese del bilancio della difesa

Per poter procedere alla elaborazione tecnico-finanziaria del bilancio della difesa, le spese vengono articolate in spese vincolate "a leggi" e vincolate "a programmi".
Le spese vincolate "a leggi" sono quelle che rivestono carattere di obbligatorietà in quanto sono determinate, anche nella loro entità, da disposizioni di legge e/o da deliberazioni di natura governativa. Tali oneri sono soggetti ad automatismi che li rendono particolarmente rigidi proprio perché legati a leggi e/o accordi interministeriali o internazionali. Esse possono includere anche esigenze particolari orientate a servizi di pubblica utilità quali, ad esempio, il rifornimento idrico delle isole minori, l'attività a favore dell'Aviazione civile, il trasporto aereo civile di Stato e per il soccorso di malati e traumatizzati gravi. Le spese vincolate "a programmi" sono quelle destinate ad assicurare la funzionalità, l'efficienza e l'efficacia dello strumento militare e discendono dalle scelte programmatiche individuate dagli Stati Maggiori, dal Segretariato Generale della Difesa e dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri (denominati Organi Programmatori di Vertice di Forza Armata ed Interforze - O.P.) ed approvate dal Capo di Stato Maggiore della Difesa.
Successivamente, per la formazione del bilancio, le spese vengono articolate in tre distinti "settori":
- personale, relative agli oneri da sostenere per gli stipendi e le indennità del personale militare in servizio permanente, del personale civile con rapporto di impiego continuativo, per il trattamento economico del personale di leva nonchè per il trattamento provvisorio di quiescenza del personale militare;
- esercizio, relative agli oneri necessari per garantire la funzionalità e l'efficienza dello strumento militare (spese per la formazione e l'addestramento, per la manutenzione e supporto dei mezzi, materiali e infrastrutture, per il funzionamento dei Comandi/Enti/Reparti);
- investimento, relative agli oneri necessari al miglioramento dell'efficacia dello strumento militare (spese per l'ammodernamento ed il rinnovamento dei mezzi operativi, di supporto tecnico-logistico e delle infrastrutture e per la ricerca e sviluppo).
I primi due settori (personale ed esercizio) determinano gli oneri relativi al "funzionamento" delle Forze Armate, mentre l'ultimo attiene all'acquisizione di beni durevoli, che a loro volta producono sicurezza e progresso tecnologico.

3 gennaio 2012

Fine in Iraq della NATO training mission

Nel dicembre scorso, con la fine della missione statunitense in Iraq, si è conclusa anche la NATO TRAINING MISSION .
Il Generale Armentani, nel consegnare il vessillo nazionale al Dott. Di Porcia, si è così espresso: "Per più di sette anni, militari italiani di tutte le Forze Armate si sono avvicendati in questa missione della NATO insieme a colleghi di svariate nazioni dando invariabilmente prova di grande professionalità ed esemplare dedizione".
Detta missione avviata su richiesta del Governo iracheno, ha assistito le Forze di Sicurezza irachene fornendo addestramento, consulenza e mentoraggio.
I risultati ottenuti sono di pieno successo.Le cifre contribuiscono a confermarlo: circa 11.000 i poliziotti addestrati dai nostri Carabinieri; approssimativamente 4.000 gli Ufficiali qualificati presso vari Istituti militari di formazione (Scuola di Guerra, Accademia Militare e Istituti Superiori di Stato Maggiore); 360 i Sottufficiali che hanno superato il corso di categoria. Inoltre, sono stati organizzati numerosi corsi di specializzazione al fine di creare una capacità autonoma degli Iracheni in termini di pianificazione e condotta addestrativa. Ora le Forze di Sicurezza irachene sono in condizione di operare con autosufficienza e competenza.

28 febbraio 2011

Afghanistan crescente rischio di attacchi

In un nuovo attacco contro i soldati italiani in Afghanistan è caduto il Ten. Massimo Ranzani, del 5° Rgt. Alp. di Vipiteno. Altri quattro militari sono rimasti feriti.
Recentemente nella relazione consegnata al Parlamento da parte dei Servizi d’Intelligence era stato riportato che nell'ovest dell'Afghanistan la situazione era particolarmente a rischio. L’avvicinarsi della fine dell’inverno e la costante pressione delle Forze ISAF verso quelle regioni aveva spinto l'Aise - l'Agenzia per la sicurezza esterna - a diffondere negli ultimi mesi diversi warning che hanno determinato un innalzamento delle misure di sicurezza poste a protezione dei militari italiani. Esse hanno consentito di sventare numerosi attentati, ma non sono riuscite del tutto a neutralizzare la minaccia degli Ied, gli ordigni esplosivi artigianali su cui oggi è saltato il Lince a Shindand. È per questo che nelle note informative e nelle relazioni ufficiali gli uomini dell'intelligence continuano a ripetere che proprio le bombe artigianali e le imboscate lungo le strade interessate dal transito dei mezzi della coalizione, restano le tecniche «privilegiate» dalla guerriglia, così come il lancio di razzi verso le basi avanzate di ISAF. Nè si può escludere che nei prossimi mesi, gli insorti, alla ricerca di visibilità, possano «condurre azioni che contemplino l'utilizzo contemporaneo di attentatori suicidi e gruppi di fuoco».
Nell'analisi inviata al Parlamento i servizi ribadivano dunque che l'Afghanistan è tutt'altro che pacificato: un paese, anzi, con un «quadro istituzionale destinato a permanere instabile per le lacerazioni interne e per la difficoltà di reinserire la componente moderata dei talebani nella vita politica del Paese». E per questo che nel «breve-medio termine il personale straniero, militare e civile, sarà notevolmente esposto al rischio di azioni ostili». Un rischio che per i nostri militari è rappresentato soprattutto dal «riposizionamento in area di miliziani» provenienti dalla province meridionali dell'Afghanistan dove le operazioni di «contro-insorgenza», avviate nel 2010 dalle forze di sicurezza dei reparti afghani assieme all'ISAF, sono state particolarmente intense.

16 gennaio 2010

Aspettative sul disarmo e la non proliferazione nucleare.

A partire dal 2008 e grazie al clima inaugurato dalla nuova amministrazione americana, è emerso un nuovo atteggiamento nei confronti del disarmo e della non proliferazione. Nel gennaio dello stesso anno un gruppo di quattro noti ex funzionari americani ha pubblicato un influente articolo sul Wall Street Journal , articolo che ha successivamente ispirato diversi gruppi politici in alcuni paesi europei. Il messaggio generale ha invitato a un rilancio del disarmo nucleare.
Il Presidente Barack Obama ha affermato: “Dichiaro in modo chiaro e convinto l’impegno dell’America per la ricerca della pace e della sicurezza in un mondo senza armi nucleari” ed ha anche ribadito chiaramente gli obiettivi del trattato di non proliferazione ( Npt): “I Paesi in possesso di armi nucleari si orienteranno verso il disarmo. I Paesi senza armi nucleari non le acquisiranno, e tutti i Paesi potranno avere accesso all'energia nucleare a scopi pacifici".
Oggi l’amministrazione americana ha un chiaro interesse a riaprire il dialogo con la Russia in merito al rinnovo o alla sostituzione degli accordi Start (Strategic Arms Reduction Treaty) e a fare ulteriori passi avanti in materia di controllo degli armamenti e disarmo.
Quest’anno si terrà la Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione e le aspettative sono molto alte. Dalla Conferenza potrà uscire un chiaro messaggio sul rispetto rigoroso delle tre parti essenziali del trattato; il disarmo non deve essere disgiunto dagli sforzi in
direzione della non proliferazione; l’assistenza allo sviluppo di energia nucleare deve essere fornita evitando restrizioni discrezionali o discriminazioni, ma piuttosto all’interno di un quadro di riferimento per il controllo effettivo delle attività nucleari; se così non fosse l’intero regime di non proliferazione rischierà di essere messo a repentaglio. L’intera comunità internazionale e in particolare gli stati più potenti (come quelli appartenenti al G8) dovrebbero impegnarsi per preservare l’essenza del Trattato di Non Proliferazione e renderlo più efficace, secondo le linee evidenziate dal presidente Obama nel suo discorso a Praga.

12 novembre 2009

Sesto anniversario di Nassirya

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del sesto anniversario della strage di Nassirya e delle commemorazioni organizzate per ricordare i caduti italiani nelle missioni internazionali, ha inviato al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, un messaggio in cui esprime il "personale e deferente omaggio alla memoria di tutti coloro che, con esemplare spirito di abnegazione, hanno perso la vita assolvendo il proprio compito nelle missioni internazionali per la sicurezza e la stabilizzazione delle aree di crisi". Il sacrificio di tanti italiani impegnati nella costruzione della pace "rafforza - scrive il capo dello Stato - la determinazione ad opporsi ad ogni forma di sopraffazione e di violenza e la consapevolezza di come soltanto attraverso il dialogo, la tolleranza e la giustizia sia possibile comporre i contrasti tra i popoli e perseguire la cooperazione e l'ordinato sviluppo sociale ed economico".